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Tampone molecolare PCR. Cos’è, come funziona. Guida Completa

I metodi per individuare l’infezione da Sars-Cov-2, il famigerato Covid 19, prevedono l’esecuzione di 3 differenti tipologie esame:

  • Test molecolare PCR
  • Test rapido antigenico
  • Test sierologico

In questo articolo ci occuperemo del Tampone molecolare PCR rivelando tutte le informazioni necessarie a riguardo.

Tampone PCR: cosa significa

Il PCR (acronimo proveniente dall’inglese “Polymerase Chain Reaction, ossia reazione a catena della polimerasi) è un test capace di rilevare del materiale genetico da uno specifico organismo, come ad esempio un virus.

La tecnica PCR permette la clonazione in provetta di segmenti selezionati di DNA attraverso una serie di cicli di sintesi ripetuti, avendo a disposizione anche piccoli quantitativi di materiale genetico, utilizzando dei primer specifici cioè piccole sequenze nucleotidiche che fungono da punto di partenza per la sintesi e l’enzima DNA polimerasi.

Come risultato, la reazione a catena innescata dalla polimerasi andrà ad amplificare una regione precisa di un genoma, liberando in modo efficace questa porzione di DNA dal resto del genoma.

Test PCR e tampone molecolare indicano la stessa cosa?

Il test PCR per individuare il Covid-19 è un test molecolare che analizza il campione delle vie respiratorie superiori. L’obiettivo è la ricerca di materiale genetico (acido ribonucleico o RNA) di Sars-Cov-2, ossia il virus che genera il Covid-19.

Come osservato nella descrizione del PCR, attraverso il test molecolare PRC è possibile amplificare una sezione precisa di un genoma: in questo caso, ad essere amplificate sono delle piccole quantità di RNA, ottenute dai campioni in acido desossiribonucleico (DNA), il quale viene replicato fino a quando non sia possibile rilevare il Sars-Cov-2 (se presente).

La rilevazione prevede il metodo real time RT-PCR (Reverse Transcription-Polymerase Chain Reaction) che consente contemporaneamente di amplificare e quantificare il DNA.

Test molecolare PCR: come si esegue e come funziona

Il test molecolare PCR prevede 3 passaggi chiave per essere eseguito

Prima faseRaccolta dei campioni: gli operatori sanitari utilizzano il tampone (un bastoncino lungo e flessibile che presenta una punta morbida, generalmente un cotton fico di circa 15 cm.) per raccogliere il materiale organico, inserendolo nel naso del soggetto. I tamponi possono essere nasali (raccolgono i campioni all’interno delle narici) oppure nasofaringei (si spingono a fondo nella cavità nasale per la raccolta), ed entrambi sono validi per rintracciare il Covid-19. Dopo aver effettuato la raccolta, gli operatori sigillano il tampone in una provetta e lo inviano in laboratorio per l’analisi dei campioni.

Seconda faseEstrazione: giunto in laboratorio, il campione viene processato. Si procede quindi con l’estrazione di materiale genetico dal resto del materiale del campione.

Terza fasePCR: la fase finale prevede l’utilizzo della tecnica PCR. Vengono utilizzate sostanze chimiche, enzimi ed un dispositivo chiamato termociclatore, in grado di indurre le necessarie alterazioni di temperatura per lo studio del campione. I vari cicli di riscaldamento e raffreddamento aumentano la quantità di materiale genetico da analizzare, e dopo parecchi cicli nella provetta saranno presenti milioni di copie di una piccola porzione di materiale genetico appartenente al virus Sars-Cov-2 (se questo è presente, una delle varie sostanze chimiche presenti nella provetta emetterà una luce fluorescente). Quando l’amplificazione del materiale genetico raggiunge livelli ottimali, la macchina può rilevare questa luce, e viene utilizzato un apposito software per interpretare il segnale come risultato di positività al test.

Il test molecolare PRC non fa altro che amplificare i frammenti di RNA virale in modo tale che l’infezione possa essere rilevata.

Per eseguire un test molecolare PRC sono necessari dei campioni da analizzare: come abbiamo visto, il materiale nasofaringeo rappresenta un elemento che potrebbe contenere il virus e per una malattia a carico delle vie respiratorie (come il Covid-19) è perfetto (può essere utilizzata anche la saliva, utilizzando apposite coppette da inserire in bocca preposte al suo raccoglimento).

Altre tipologie di virus o agenti patogeni possono essere rintracciati anche utilizzando campioni di feci, urine e sangue.

Risultato del tampone molecolare: cosa significa

Se il test dovesse indicare positività, ci sono alte probabilità di aver contratto un’infezione da Sars-Cov-2

Un risultato negativo potrebbe indicare l’assenza di Sars-Cov-2 al momento del prelievo.

Tuttavia, esiste la possibilità di risultare negativi al test pur avendo contratto il Covid-19: può accadere nel caso in cui l’infezione sia recente e non vi siano ancora sintomi, oppure se l’infezione dovesse esser stata contratta da oltre 7 giorni prima di aver effettuato il test.

Se il test è positivo, parlate con il vostro medico e prendete tutte le precauzioni del caso, se invece è negativo mantenete comunque alta l’attenzione e cercate di verificare la situazione con altri test.

Quanto tempo ci vuole per ottenere i risultati di un tampone molecolare PRC?

I risultati del test possono essere pronti generalmente in 24 ore.

Ricordiamo inoltre che il test PCR è talmente sensibile (può rilevare quantità minuscole di materiale virale) che potrebbe riscontrare frammenti di virus anche dopo l’avvenuta guarigione, quando non si è più contagiosi.

Ciò significa che una persona potrebbe continuare a risultare positiva, e questo accade, ad esempio, nel caso in cui abbia già avuto il Covid-19. In casi del genere, sarebbe preferibile consultare il proprio medico.

Il tampone molecolare PCR è affidabile?

Il test molecolare PCR rappresenta il metodo più affidabile per diagnosticare l’infezione da Sars-Cov-2. Viene infatti considerato, a livello internazionale, “gold standard”, in quanto capace di fornire risultati più accurati rispetto, ad esempio, ai test rapidi.

In questo studio sono stati rilevati dei dati interessanti: i test molecolari PCR hanno diagnosticato correttamente il 95,1% di casi di Covid-19, e sono per questo affidabilissimi.

Se un test molecolare PCR indica la positività, allora la diagnosi di Covid può ritenersi sufficiente e generalmente non va ripetuto.

Possono comunque verificarsi dei risultati falsi negativi, legati ad errori riguardanti la raccolta, il trasporto e l’analisi del campione, o generati nella maggior parte dei casi dalle tempistiche in cui viene eseguito il test:

  • Il test viene eseguito troppo presto – Possono essere necessari fino a 5 giorni dopo un contatto prima che il materiale genetico del virus possa essere rilevato. Quindi, un risultato negativo potrebbe dipendere da questo, perché il test è stato eseguito entro questa finestra temporale, e quindi troppo presto per poter rintracciare il virus (anche se presente).
  • Il test viene eseguito troppo tardi – Il materiale genetico virale necessario all’individuazione del virus inizia a diminuire dopo la prima settimana di malattia. Quindi, un risultato negativo potrebbe dipendere da questo, perché il test è stato eseguito troppo tardi.

A causa di queste fattispecie, si consiglia di sottoporsi al test molecolare PCR non appena i sintomi iniziano a manifestarsi, in modo da limitare le possibilità di errore nei risultati.

Qual è la differenza tra test rapidi e PCR

Abbiamo visto quanto l’affidabilità dei test molecolari PCR sia pressoché totale, e questo deriva dalla particolare tecnica di analisi dei campioni (la reazione a catena della polimerasi).

La particolarità dei metodi di analisi differenzia i test molecolari dai test antigenici, anche detti rapidi.

I test rapidi prevedono la raccolta del muco nasale e/o faringeo ed una successiva analisi che si basa sui frammenti proteici specifici del virus. I test antigenici forniscono risultati rapidi, entro 15 minuti dal prelievo, ma sono molto meno accurati rispetto ai test molecolari PCR.

I test antigenici possono facilmente riscontare un falso negativo (il risultato indica che il soggetto non ha il Covid-19, quando invece lo ha contratto) oppure un falso positivo (il risultato indica che il soggetto ha il Covid-19, quando invece non lo ha contratto).

I test rapidi hanno il solo vantaggio di essere più veloci ed economici rispetto ai molecolari, ma non sono molto affidabili.

Il consiglio è di eseguire sempre un test molecolare PCR, l’unico tampone in grado di stabilire correttamente la presenza di Coronavirus.

Quando eseguire un test molecolare PCR

Il test molecolare PCR serve a diagnosticare l’infezione da Coronavirus e dovrebbe essere eseguito in presenza dei seguenti sintomi:

  • Febbre e/o brividi
  • Tosse
  • Difficoltà respiratorie
  • Senso di fatica e spossatezza
  • Dolori muscolari
  • Mal di testa
  • Perdita del gusto e/o dell’olfatto
  • Mal di gola
  • Congestione
  • Nausea e/o vomito
  • Diarrea

Bisogna però specificare che non tutti i soggetti che contraggono il covid sviluppano dei sintomi (i cosiddetti asintomatici), mentre anche per i soggetti sintomatici potrebbero non presentarsi i sintomi appena illustrati.

Se avete avuto un contatto con persone positive (ma non avete comunque sintomi) o se non vi sentite bene (pur non presentando i sintomi di cui sopra) vi consigliamo comunque di consultare un medico.

Tampone molecolare PCR, dove farlo?

Il test viene eseguito da personale sanitario specializzato, che preleverà un campione dal naso o dalla parte posteriore della gola utilizzando un tampone.

Per fare un tampone molecolare è necessario recarsi quindi in un laboratorio specializzato, o in un centro ospedaliero, previa prenotazione, ma in alcuni casi è possibile prenotarlo anche a domicilio o in un luogo prescelto, come ad esempio l’ufficio. 

Ogni quanto fare gli esami del sangue

Gli esami del sangue rappresentano un’operazione di fondamentale importanza per capire ed inquadrare lo stato generale di salute delle persone. Le analisi del sangue sono uno strumento di prevenzione, visto che possono portare alla luce diversi problemi ed anticiparne di più gravi.

In parecchie patologie, il fattore tempo è infatti cruciale: una diagnosi eseguita nei giusti tempi permette infatti una migliore riuscita della terapia.

Le condizioni di salute possono facilmente variare nel corso del tempo, in base a fattori patologici ed ambientali, all’età ed altri elementi quali eventi esterni e periodi di stress: i controlli periodici sono la risposta a queste variazioni, perché daranno la possibilità di fotografare lo stato fisico del momento, osservare come cambia nel tempo ed adottare le eventuali terapie.

In questo articolo vedremo ogni quanto fare gli esami del sangue, delineando diverse prospettive inerenti i controlli periodici.

Esami del sangue: 4 motivi per non tardare a farli

Come già osservato, attraverso un semplice prelievo di sangue, veloce e per nulla invasivo, è possibile ottenere tantissime informazioni importanti sulla salute di un soggetto.

I motivi per i quali gli esami del sangue sono davvero essenziali sono presto detti:

  • Per la prevenzione
  • Per confermare o smentire la presenza di malattie in corso.
  • Vanno eseguiti obbligatoriamente prima di subire un intervento chirurgico.
  • Per monitorare le condizioni di salute durante particolari terapie che prevedono un trattamento farmaceutico.
Ogni Quanto fare gli esami del Sangue

Ogni quanto una persona dovrebbe fare le analisi del sangue?

Per quanto riguarda soggetti giovani ed in salute, andrebbero effettuate almeno una volta all’anno.

Ovviamente, la soluzione migliore prevede un consulto con il proprio medico di base, il quale conosce il paziente e potrà consigliarlo al meglio.

L’anamnesi è infatti la base da cui partire per stabilire quale dovrebbe essere la routine delle analisi del sangue: le esigenze sono diverse da persona a persona, e di conseguenza sarà diversa la frequenza con cui effettuare un esame del sangue.

In presenza di fattori di rischio, le analisi andrebbero eseguite ogni 6 mesi, mentre con problematiche più gravi anche ogni mese.

Nel prossimo paragrafo vedremo alcuni esempi, in modo da delineare una piccola guida che possa risultare il più esaustiva possibile.

Esami del sangue: ogni quanto farli a seconda dei casi

Come già accennato in precedenza, la frequenza con cui sottoporsi ad un esame del sangue può dipendere da diversi fattori, quali stato di salute, età, stile di vita e fattori di rischio, e non esiste una regola fissa che possa indicare ogni quanto fare le analisi del sangue.

Esistono delle linee guida ed il parere del proprio medico curante.

In linea generale, le analisi del sangue sono utili per delineare il quadro generale della nostra salute, perché in grado di controllare parecchi aspetti:

  • Anemia (emocromo)
  • Stato di salute generale (emocromo)
  • Stato di salute del fegato (transaminasi, bilirubina, gamma-GT, fosfatasi alcalina)
  • Stato di salute dei reni (azotemia, creatinina)
  • Rischio di malattie cardiovascolari (colesterolo, omocisteina, CPK)
  • Funzioni del metabolismo (glicemia, colesterolo, trigliceridi)
  • Infezioni (urinocoltura, emocromo)
  • Ricerca di marcatori tumorali

Bambini ed adolescenti non hanno necessità di effettuare esami periodici, tranne nei casi in cui si manifestino dei sintomi: a quel punto, il pediatra ed il medico curante potranno indicare la necessità delle analisi del sangue per effettuare un’indagine che possa dare risposte certe.

In presenza di fattori di rischio (sedentarietà, alimentazione non equilibrata, fumo, alcol, rapporti sessuali non protetti) e/o patologie in corso (diabete, malattie cardiovascolari, problemi al fegato ed ai reni, tumori, infezioni) le analisi del sangue andrebbero eseguite ogni 3 mesi.

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Esami quali emocromo completo, glicemia, colesterolo, trigliceridi e transaminasi, superati i 40 anni, andrebbero intensificati ed eseguiti con maggiore frequenza, soprattutto se sono presenti fattori di rischio e patologie.

Per gli anziani, anche in assenza di patologie specifiche, si consiglia la possibilità di effettuare check up periodici, ripetendo le analisi più volte all’interno dello stesso anno: anche in questo caso, sarà il medico di base a dare le indicazioni più adeguate da persona a persona

Oltre alle analisi del sangue, è utile eseguire esami delle urine e delle feci, per avere una panoramica più completa possibile.

Ricordiamo inoltre che per quanto riguarda la prevenzione e la possibilità di risolvere problematiche di tipo sanitario, bisognerebbe adottare sane abitudini di vita, che possono prevedere il rispetto di una dieta sana ed equilibrata, il costante svolgimento di attivita fisica, il consumo moderato di alcol e fumo, il rispetto di una corretta routine del sonno ed il monitoraggio costante dei possibili fattori di stress, in modo contenerli e contrastarli.

HIV: come capire se si è stati infettati? Si vede dagli esami del sangue?

L‘HIV (dall’inglese Human Immunodeficiency Virus) è un virus che attacca il sistema immunitario, colpendo soprattutto un gruppo di globuli bianchi (i linfociti T CD4+), fondamentali per garantire le difese dell’organismo. Nei prossimi paragrafi scoprirai se l’HIV si vede dagli esami del sangue e quali sono le analisi da effettuare.

L’infezione causata dal virus, che può essere diagnosticata tramite un semplice esame del sangue, indebolisce il corpo e se non trattata provoca la sindrome da immunodeficienza acquisita, ossia l’AIDS, malattia che causa un progressivo indebolimento del sistema immunitario portando il fisico al collasso e rendendolo incapace di reagire anche ad infezioni che non normalmente non causerebbero malattie (le cosiddette infezioni opportunistiche, causate da virus, batteri e funghi, che colpiscono appunto sistemi immunitari compromessi).

La trasmissione dell’HIV può avvenire attraverso i rapporti sessuali (sia penetrativi che non) ed il contatto con sperma o secrezione vaginali, il sangue (trasfusioni, trapianti di organi, tatuaggi) e durante la gravidanza (trasmissione dalla madre al figlio attraverso il cordone ombelicale, durante il parto o in fase di allattamento).

Hiv si Vede dagli Esami del Sangue

HIV: quali sono gli esami del sangue da effettuare

I test specifici per l’HIV consentono di rilevare l’infezione, e per rispondere al titolo dell’articolo, sì, è possibile rintracciare l’HIV grazie agli esami del sangue.

I test in questione sono i seguenti:

  • Test HIV di terza generazione, anche detto Elisa – Ricerca solo gli anticorpi anti-HIV e può rilevare l’infezione dopo circa 3-4 settimane. Il periodo di finestra è di circa 90 giorni dall’ultimo comportamento a rischio.
  • Test HIV di quarta generazione, anche detto combinato – Ricerca sia gli anticorpi anti-HIV prodotti dalla persona che parti del virus, come l’antigene p24. Può rilevare l’infezione dopo circa 20 giorni, mentre il periodo di finestra è di circa 40 giorni successivi all’ultimo comportamento potenzialmente a rischio.

Se i test per l’HIV vengono effettuati tramite un prelievo di sangue inviato in laboratorio, i risultati possono essere disponibili in tre giorni.

Esistono anche dei test rapidi che si possono effettuare attraverso un campione di saliva o una goccia di sangue prelevata con una puntura sul dito. Sono acquistabili in farmacia ed il responso è pronto in pochi minuti.

Questi test non sono attendibili al 100% ed i risultati dovrebbero essere sempre confermati da un prelievo ematico effettuato in laboratorio da personale sanitario.

Dove fare il test e perché è importante

Il test per l’HIV può essere svolto negli ospedali e nelle ASL (presso i Centri Riferimento HIV/AIDS), nei centri cura delle infezioni sessualmente trasmissibili e nei laboratori analisi regolarmente abilitati.

Perché è importante fare il test dell’HIV?

Il motivo è presto detto: rappresenta l’unica possibilità per rintracciare l’infezione ed iniziare un’adeguata terapia.

Anche se non esistono cure capaci di guarire dall’HIV, sono disponibili diverse terapie antiretrovirali che possono migliorare lo stato generale di salute ed offrire un’aspettativa di vita molto alta. I farmaci in questione rallentano la progressione della malattia ed è importante assumerli tempestivamente per ottenere un’efficacia maggiore.

Inoltre, un’adeguata terapia riduce la quantità di virus nell’organismo ed abbassa il rischio di contagio nei confronti di altre persone.

Il test per l’HIV dovrebbe essere eseguito periodicamente dalle persone sessualmente attive, da chi ha fatto sesso non protetto con un partner occasionale e da chi ha utilizzato un ago condiviso per iniettare farmaci o droghe.

Analisi del sangue: che differenza c’è tra glucosio e glicemia, sono la stessa cosa?

Che differenza c’è tra glucosio e glicemia? Sono la stessa cosa? Quante volte vi sarà venuta in mente questa domanda prima di fare le analisi del sangue? Proviamo a fare chiarezza.

Il glucosio è lo zucchero principale presente nel sangue. Quando mangiamo riso, pane, pasta, o qualsiasi altro alimento ricco di carboidrati, questi vengono digeriti dallo stomaco e dall’intestino tenue, dove vengono assorbiti nel sangue come glucosio.

Quando il glucosio entra nel flusso sanguigno, l’insulina ne facilita l’assorbimento nelle cellule del corpo. Quando viene ingerito un eccesso di glucosio, si verifica una secrezione eccessiva di insulina. L’insulina aumenta la biosintesi del grasso e ne sopprime la scomposizione. Pertanto, diventa più facile per il grasso accumularsi nei tessuti del corpo.

La glicemia invece è semplicemente la concentrazione di glucosio che abbiamo nel sangue.

glucosio e glicemia sono la stessa cosa

Perché testare la glicemia nel sangue

Un test della glicemia viene utilizzato per scoprire se i livelli di zucchero nel sangue sono in un intervallo sano, è un test di routine, che viene spesso utilizzato per aiutare a diagnosticare e monitorare il diabete.

Il test della glicemia, infatti, fornisce informazioni utili per la gestione del diabete e può aiutare a

  • Monitorare l’effetto dei farmaci per il diabete sui livelli di glucosio nel sangue.
  • Scoprire come la dieta e l’esercizio fisico influenzano i livelli di zucchero nel sangue.
  • Capire come altri fattori, come la malattia o lo stress, influenzano i livelli di zucchero nel sangue.

Quando fare le analisi per misurare la glicemia e il glucosio nel sangue

Se hai il diabete, monitorare il livello di zucchero nel sangue (glucosio) è la chiave per scoprire quanto sta funzionando il piano di trattamento. Il test fornisce informazioni su come gestire il diabete su base giornaliera e talvolta anche oraria. Chi soffre di questa malattia può utilizzare un dispositivo chiamato monitoraggio continuo del glucosio (CGM). Oppure può testare la glicemia a casa con un dispositivo elettronico portatile chiamato misuratore di glicemia usando una piccola goccia di sangue.

Le analisi della glicemia però sono analisi di routine, che il medico può ordinare sia in caso di un check up annuale, sia se il paziente presenta alcuni sintomi, che si possono ricondurre ai livelli di glucosio, sia alti che bassi, nel sangue.

Quali sono i sintomi della glicemia alta

  • Aumento della sete e della minzione
  • Visione offuscata
  • Fatica
  • Stanchezza
  • Perdita di peso quando non giustificata
  • Intorpidimento o formicolio ai piedi o alle mani

Quali sono i sintomi della glicemia bassa

  • Sensazione di tremore o nervosismo
  • Fame
  • Fatica
  • Sensazione di capogiro, confusione o irritabilità
  • Mal di testa
  • Battito cardiaco accelerato o aritmia
  • Difficoltà a vedere o parlare chiaramente
  • Svenimenti o convulsioni

È possibile però avere la necessità di misurare i livelli di glucosio nel sangue se si ha un alto tasso di probabilità di sviluppare il diabete di tipo 2.

Questi sono i fattori di rischio:

  • Essere in sovrappeso o obeso
  • Avere più di 45 anni
  • Avere una storia familiare di diabete
  • Avere la pressione alta
  • Non fare movimento fisico
  • Avere una familiarità con le malattie cardiache o ictus
  • Avere avuto il diabete gestazionale (diabete che si verifica solo durante la gravidanza)

Una donna incinta deve sottoporsi a un test della glicemia tra la 26a e la 28a settimana di gravidanza per verificare la presenza di diabete gestazionale.

Dove eseguire un test per la glicemia

Per testare i livelli di glucosio nel sangue è necessario un prelievo, da eseguire necessariamente a digiuno, in ospedale o in centri diagnostici specializzati.

SINDROME DA STANCHEZZA CRONICA

Cos’è la stanchezza cronica?

La SINDROME DA STANCHEZZA CRONICA un disturbo complesso caratterizzato da una SENSAZIONE di AFFATICAMENTO e SPOSSATEZZA PSICO-FISICA che persiste da OLTRE 6 MESI, non attribuibile ad uno sforzo fisico intenso, che non passa dopo riposo e sonno, pregiudicando le normali attività quotidiane.

Come si manifesta la stanchezza cronica?

Oltre alla SPOSSATEZZA, persistente da più di 6 mesi, sono presenti alcuni tra questi SINTOMI e SEGNI:

-ASTENIA (senso di debolezza generalizzata);

-DOLORI MUSCOLARI ed ARTICOLARI in assenza di gonfiore ed arrossamento; SPASMI MUSCOLARI; DIFFICOLTA’ NELLA COORDINAZIONE DEI MOVIMENTI;

-DIFFICOLTA’ DI CONCENTRAZIONE e DEFICIT DI ATTENZIONE E MEMORIA; CONFUSIONE, DIFFICOLTA’ NELLA SCELTA DELLE PAROLE;

-ANSIA, ATTACCHI DI PANICO;

-DISTURBI DEL SONNO, in particolare sonno discontinuo e non ristoratore, che causa sonnolenza diurna, irritabilità e nervosismo;

-MAL DI TESTA o peggioramento di CEFALEA PREESISTENTE;

-MAL DI GOLA RICORRENTE;

-FEBBRICOLA;

-NAUSEA;

-PALLORE, ESTREMITA’ FREDDE;

-INTOLLERANZA AL CALDO O AL FREDDO;

-TACHICARDIA (aumento del numero dei battiti al minuto);

-IPOTENSIONE (abbassamento della pressione arteriosa);

-DISPNEA (difficoltà respiratoria);

-LINFONODI LATERO-CERVICALI e/o ASCELLARI GONFI E DOLENTI;

Talvolta sono presenti anche SUDORAZIONE, DISTURBI PERCETTIVI e SENSORIALI (vista offuscata, fotofobia, incapacità di messa a fuoco, alterazioni dell’equilibrio, disorientamento spazio-temporale). Raramente si verificano SINCOPI (svenimenti).

I sintomi possono avere un esordio improvviso o graduale; nelle fasi iniziali possono essere intermittenti.

L’intensità dei sintomi varia da lieve sino ad essere invalidante, rendendo difficile o impossibile lo svolgimento di qualunque attività quotidiana.

Soggetti interessati e cause

Questa Sindrome è diffusa in tutto il mondo, in tutti i gruppi etnici e in tutti gli strati sociali. Colpisce più frequentemente il SESSO FEMMINILE e la fascia di età tra i 40 e i 50 ANNI. E’ rara nell’infanzia e nell’età giovanile, in cui la fascia di età più interessata è tra i 13 ed i 15 anni.

Tutti i soggetti affetti dalla sindrome di stanchezza cronica presentano un deficit del sistema immunitario che può essere dovuto a numerose cause -quali INFEZIONI VIRALI, tra cui quelle da CITOMEGALOVIRUS (CMV), VIRUS DI EPSTEIN-BARR (EBV) e COVID-19, ALTERAZIONI ORMONALI e DEFICIT di VITAMINE e di alcuni OLIGOELEMENTI (come il MAGNESIO)-, molto spesso associate a condizioni di STRESS PSICOLOGICO PROLUNGATE e ad uno STILE DI VITA SREGOLATO.

Quali esami fare?

La DIAGNOASI di SINDROME DA STANCHEZZA CRONICA è difficile da porre e spesso richiede tempi lunghi.

Innanzitutto si devono escludere tutte le condizioni morbose che potrebbero giustificarne la sintomatologia: anemie, diabete mellito, tireopatie, fibromialgia, malattie autoimmuni, sindrome da immunodeficienza acquisita (HIV), neoplasie, depressione, anoressia, malnutrizione, abuso di sostanze psico-attive, incluso l’alcool, cirrosi epatica, cardiomiopatie e nefropatie.

Pertanto, in caso di SOSPETTO di SINDROME DA STANCHEZZA CRONICA bisogna consultare il proprio MEDICO DI FIDUCIA per farsi guidare nell’iter diagnostico, che varia da paziente a paziente in relazione alla sua storia clinica e personale.

In conclusione la sindrome da stanchezza cronica non è da sottovalutare: sono in molti a esserne affetti. Infatti, è stata anche istituita la giornata mondiale.

Tiroide: esami, sintomi e quando preoccuparsi

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